Quando nacque Simone, mi sembrava di aver partorito il bambino più bello del mondo. Cosa piuttosto palese per una mamma, ma era così grasso, ed aveva un viso così tondo, una testa fisicamente perfetta e gli occhi del padre, non chiari come i miei, ma decisamente scuri e con il taglio un po' allungato. Era sano ed affamato; i primi due elementi veramente importanti per una madre. La notte dopo il parto non riuscii a dormire:-possibile che fossi stata capace di far uscire da me una creatura così bella!-. La mia gioia aumentò quando mi resi conto di essere una "lattaia", infatti ho dato latte per dieci mesi. Quando uscii dalla Maternità pensai:- adesso inizia la grande avventura!-. Devo essere sincera, non avevo intenzione di fare altri bambini; forse per egoismo, nel senso che non volevo dividere con altri questo amore così grande, ma forse onestamente perchè considero un figlio una grossa responsabilità: anche se il viaggio dell'educazione lo si divide con il compagno, che per quanto splendido, spesso delega. Questo concetto l'ho sempre sostenuto anche a scuola, quando ne capitava l'occasione.
Sicuramente il nostro rapporto idilliaco si è rotto in prima elementare, quando si deve prendere atto che non esiste solo il gioco, ma anche i piccoli doveri, cioè i compiti e l'attenzione a scuola.
Consapevole di essere la mamma di un figlio unico, l'ho reso indipendente; già nella sua prima estate scolastica era ai soggiorni estivi nella campagna vicina, senza minimamente sentire la mancanza dei genitori, tanto che una volta tornato a casa,(dopo 15giorni), mi fece subito capire che intendeva uscire anche dopo cena , a gozzovigliare come aveva fatto ai soggiorni, dove tutte le sere-notti, si cantava col fuoco acceso e si mangiavano dolci.
Sono stata sempre contenta di questa sua indipendendenza e di questo suo vivere la vita allegramente, anche se ho sempre ribadito fino alla noiosità, che c'è un tempo per divertirsi, ma anche un tempo per i doveri (scolastici in questo caso).
Il tempo è passato, Lui è cresciuto, credo anche internamente, ma sicuramente, nonostante il nostro amore genitore-figlio , io credo che se si potesse divorziare dai genitori, mio figlio lo farebbe.............
Forse, oggi tutti i figli vorrebbero "divorziare"dai genitori, nel senso che il contrasto
è ancora più grande per l'evoluzione avvenuta nel tempo; sto parlando di genitori permissivi e di sviluppo economico, di linguaggio amichevole fra genitore e figlio,
della difficoltà di mettere paletti per creare quel filo che segna il limite del ruolo
genitore e figlio, ed io ho creato proprio questo rapporto così confidenziale , ma al tempo stesso faticoso, perchè facilita un'autonomia da parte di mio figlio, difficile a frenare , e tendente a confondere il ruolo tra genitore e l'amico.
Certamente, in un certo senso le cose per la generazione precedente sono state meno complicate, non estisteva quel rapporto così confidenziale , una risposta negativa, spesso era definitiva , e quel confine -genitore-figlio- era più facile mante-
nerlo, anche se personalemente non condivido questa linea, in cui si litiga meno,
ma si apprende anche poco dei nostri figli.
Non mi manca quel bambolotto ingordo di latte; sono felice di assistere alla sua crescita,mi piacerebbe però, data l'educazione impostata sulla mia sensibilità, sulle mie esperienze, sul buon senso , sull'osservazione avere un rapporto meno scocciato alla mia voce, a ciò che vado dicendo da anni , e che eventualmente non si è
recepito, e più disponibile al dialogo; invece mi trovo davanti al passaggio più difficile :-l'adolescenza-, che oggi mi sembra sinonimo di arroganza, e forza mentale, data solo da chi di ostacoli veri ancora non ne ha trovati.
Continuerò comunque a cercare sempre il dialogo , a malapena riuscirò a mantenere i paletti, e sarò sempre la solita cratura fastidiosa che gira per casa, però ci sarò sempre, e saprò ascoltarlo tutte le volte che avrà la necessità di parlarmi, e sono sicura che verrà anche quel tempo, una volta passata l'esuberanza dell'adolescenza.à per Lui un segno di crescita e di maturità, e forse allora, saprà pure apprezzare
il modesto faticoso lavoro del genitore.
Per questo considero il mio lavoro un cammino lungo e impegnativo. di battaglie verbali ce ne saranno tante, anche là dove c'è tanto amore. Ma fanno parte della crescita e della conoscenza fra genitore e figlio.
Vorrei arrivare, quando sarà per me il momento di chiudere la partita, a dire a me stessa: -ce l'hai fatta , non hai fallito in quello che hai sempre considerato il compito più importante della tua esistenza.
Fi, 08-10-1999 |